La visita di Netanyahu negli USA e il suo discorso al Congresso, potrebbero essere accantonati, per lasciare spazio alle immagini: una bandiera americana (Stars and Stripes) abbassata da un lunghissimo pennone e poi bruciata, mentre ne viene issata quella palestinese. I responsabili sono alieni da qualsiasi confronto, perché sono certi di perderlo, per rintanarsi nella distruzione generale. Nelle riprese, si vedono dei soggetti che danzano come ossessi attorno al rogo, quanto basta per aver contezza di una regressione collettiva verso la notte dei tempi, quanto basta per togliere la polvere sopra la parola selvaggio. La vigliaccheria elevata a ideale di vita. Dicono a se stessi: “non riuscirò mai a costruire, se non gli sfondoni di Edward Said, ma quel mondo immaginario puntella di balle la mia esistenza“. Peccato che, proprio di questi giorni, i filosofi avessero dichiarato sciopero. L’unica volta in cui i filosofi potevano essere utili, si danno malati, e la loro malattia è così visibile da non richiedere altro strumento che quelli che D-o ha incorporato. I nemici della società aperta riaprono le porte del loro eterno e macabro banchetto, con l’unico essere soprannaturale che venerano, naturalmente, l’invidia. Avendo bruciato la bandiera di un paese che consente di farlo, non vi è il fascino della trasgressione ma la certezza dell’impunità: nessuna gloria ma un modesto lasciapassare verso l’orda freudiana. In Italia ormai è frequente dare alle fiamme la bandiera d’Israele e quella Stella di Davide che brucia è un tòpos che non dice niente a nessuno solo perché non vogliono ricordare chi e come ebbe a compiere questi gesti. Ma c’è chi lo ricorda e c’è chi lo capisce.