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Non muoiono abbastanza ebrei

Coloro che credono nella propaganda di Hamas, un’organizzazione che è nella black list delle entità terroristiche, sostengono che Israele punti a sterminare la popolazione civile palestinese. Si basano sui numeri. Sennonché, sulla base dei numeri, tenendo conto che le vittime civili tedesche nella seconda guerra mondiale erano ben superiori di quelle britanniche (da un milione e mezzo a tre milioni contro meno di quattrocento mila) non resterebbe che ammettere che Adolf Hitler era un grande umanista e Winston Churchill uno spietato assassino.

Ora si asserisce, sia in generale sia nell’operazione di riscatto degli ostaggi, che Israele punta i civili anziché i combattenti di Hamas. Nel qual caso non resterebbe che appellarsi agli psichiatri, perché i militari israeliani (oppure, direttamente, Israele) sarebbero degli oligofrenici che compirebbero di proposito azioni: a) immorali b) inutili dal punto di vista bellico e  c) controproducenti, per il solo desiderio di inimicarsi l’intero mondo. Il problema che stiamo vivendo (e che agita l’opinione pubblica) è questo: non muoiono abbastanza ebrei.

Una modesta proposta – scrisse Jonathan Swift nel 1729 – sarebbe questa: “Un Americano, mia conoscenza di Londra, uomo molto istruito, mi ha assicurato che un infante sano e ben allattato all’età di un anno è il cibo più delizioso, sano e nutriente che si possa trovare, sia in umido, sia arrosto, al forno, o lessato; ed io non dubito che possa fare lo stesso ottimo servizio in fricassea o al ragù. Espongo allora alla considerazione del pubblico che, dei centoventimila bambini già calcolati, ventimila possono essere riservati alla riproduzione della specie, dei quali sono un quarto maschi, il che è più di quanto non si conceda ai montoni, ai buoi ed ai maiali; ed il motivo è che questi bambini sono di rado frutto del matrimonio, particolare questo che i nostri selvaggi non tengono in grande considerazione, e, di conseguenza, un maschio potrà bastare a quattro femmine. I rimanenti centomila, all’età di un anno potranno essere messi in vendita a persone di qualità e di censo in tutto il Regno, avendo cura di avvertire la madre di farli poppare abbondantemente l’ultimo mese, in modo da renderli rotondetti e paffutelli, pronti per una buona tavola. Un bambino renderà due piatti per un ricevimento di amici; quando la famiglia pranzerà da sola, il quarto anteriore o posteriore sarà un piatto di ragionevoli dimensioni e, stagionato, con un po’ di pepe e sale, sarà ottimo bollito al quarto giorno, specialmente d’inverno“.

Io proporrei, ispirandomi in parte a Swift, questa soluzione: visto che Hamas ha ucciso circa 16oo israeliani, e atteso che la cifra di vittime calcolata dall’AUH (Associazione Umanistica Hamas) è di 35mila persone (che comprende i terroristi, ma che per l’opinione pubblica è composta da soli bambini (il cui numero è stato dimezzato dall’ONU, ma ne prescindiamo) bisognerebbe chiedere agli ebrei della Diaspora di suicidarsi fino al raggiungimento delle cifre indicate da Hamas, dopodiché potrebbero essere mangiati. Certo, questo non basterebbe agli antisemiti (pardon: antisionisti) ma almeno dimostrerebbe la nostra buona volontà.

Sulla guerra in corso a Gaza, abbiamo il Nazra Film Festival annuale, itinerante, multiculturale di cortometraggi di autori palestinesi ed internazionali su tematiche inerenti a:
• la libertà
• i diritti umani
• la giustizia

In tutto questo, è solo un dettaglio che né in Cisgiordania né a Gaza trovino accoglienza la libertà, i diritti umani e la giustizia.  Quanto ai film, The Present, di Farah Nabulsi, narra di un padre che si reca con la figlia a comperare un dono per la moglie, e si imbatte nei check point con soldati israeliani che lo maltrattano e lo umiliano; un altro ‘corto’ illustra la situazione di una coppia gazawi durante un bombardamento israeliano. Nessuno dei film trova il tempo per raccontare che il problema (o il dramma) dei check point non ci sarebbe se l’Autorità Nazionale Palestinese avesse accettato il gentile invito israeliano a riprendersi la Cisgiordania, così come Israele non avrebbe avuto motivo di attaccare Hamas se non ricevesse milioni di razzi in passato e, ora, se Hamas non avesse aggredito Israele. In quali termini? Leggiamo Dina Rubina: “Sabato 7 ottobre, la festa ebraica di Simchat Torah, il regime terroristico spietato, ben addestrato, attentamente preparato e ben equipaggiato di Hamas, al potere nell’enclave di Gaza (che Israele lasciò circa 20 anni fa), ha attaccato dozzine di kibbutz pacifici, bombardando contemporaneamente il territorio del mio paese con decine di migliaia di missili. Atrocità che nemmeno la Bibbia può descrivere, atrocità ed orrori che impallidiscono di fronte ai crimini di Sodoma e Gomorra (riprese, tra l’altro, dalle telecamere sulla testa e sul petto degli stessi assassini e da loro orgogliosamente inviate in tempo reale su Internet), atrocità che possono scioccare qualsiasi persona normale. Per diverse ore, migliaia di animali gioiosi e ubriachi di sangue hanno violentato donne, bambini e uomini, sparando alle vittime all’inguine e alla testa, tagliando i seni delle donne e giocandovi a calcio, estraendo i bambini dal ventre delle donne incinte e decapitandoli subito dopo, legando e bruciando bambini piccoli. C’erano così tanti cadaveri carbonizzati e completamente bruciati che per molte settimane gli anatomo-patologi non sono riusciti a far fronte all’enorme carico di lavoro necessario per identificare gli individui. Una mia amica, che ha lavorato per 20 anni al pronto soccorso di un ospedale di New York, e poi ha trascorso altri 15 anni in Israele identificando cadaveri, è stata una dei primi ad arrivare ai kibbutz bruciati e insanguinati in un gruppo di soccorritori e medici… Non riesce tuttora a dormire. Un medico, abituato a fare a pezzi cadaveri, ha perso conoscenza a causa di ciò che ha visto e ha poi vomitato in macchina durante tutto il viaggio di ritorno. Ciò che queste persone hanno visto è impossibile da descrivere. Insieme ai militanti di Hamas, la “popolazione civile” si è precipitata nei buchi della recinzione, unendosi a pogrom di dimensioni senza precedenti, derubando, uccidendo, trascinando con sé a Gaza tutto ciò che capitava a portata di mano. Tra questi “civili palestinesi” c’erano 450 membri della marmaglia ONU dell’UNRWA. Tra i partecipanti tutti erano sostenitori di Hamas e, a giudicare dalla gioia violenta e totale della popolazione (ripresa nella nostra epoca poco opportunamente anche da centinaia di telecamere mobili), di sostenitori ce n’erano parecchi: Hamas era sostenuto e approvato, almeno prima dell’inizio di questi combattimenti, da parte di quasi tutta la popolazione di Gaza… Il problema principale: i nostri cittadini, più di duecento, tra cui donne, bambini, anziani e lavoratori stranieri senza valore, sono stati trascinati nella tana della bestia. Circa un centinaio di loro stanno ora marcendo e morendo nelle segrete di Hamas. Inutile dire che queste vittime, che continuano a essere bersaglio di torture, preoccupano poco la “comunità accademica”. Ma non è di questo che sto parlando adesso. Non scrivo questo perché qualcuno possa simpatizzare con la tragedia del mio popolo. Per tutti quegli anni in cui la comunità mondiale ha letteralmente versato centinaia di milioni di dollari in questo pezzetto di terra (la Striscia di Gaza) – e il bilancio annuale della sola UNRWA è pari a un MILIARDO di dollari! – nel corso di questi anni Hamas ha utilizzato questi soldi per costruire un impero costituito da un complesso sistema di tunnel sotterranei, accumulando armi, istruendo gli scolari dalle elementari a smontare e assemblare un fucile d’assalto Kalashnikov, stampando libri di testo in cui l’odio per Israele è indescrivibile, in cui persino i problemi di matematica vengono presentati così: “C’erano dieci ebrei, il martire ne ha uccisi quattro, quanti ne restano?…” Invocando l’assassinio degli ebrei con ogni parola. E ora, quando, finalmente, scioccato dal mostruoso crimine di questi bastardi, Israele sta conducendo una guerra per distruggere i terroristi di Hamas, che hanno preparato così attentamente questa guerra, piazzando migliaia di bombe in tutti gli ospedali, scuole, asili… ecco che l’ambiente accademico di tutto il mondo si impenna, preoccupato per il “genocidio del popolo palestinese” – basato, ovviamente, sui dati forniti da… chi? Esatto, dallo stesso Hamas, dalla stessa UNRWA…La comunità accademica, che non si è preoccupata per i massacri in Siria, o per i combattimenti in Somalia, o per gli abusi contro gli uiguri, o per i milioni di curdi perseguitati per decenni da parte del regime turco, questa stessa opinione pubblica assai preoccupata si mette al collo la “kefiah” – il marchio degli assassini – per manifestare sotto i cartelli “Palestina libera dal fiume al mare!” – che significa la completa distruzione di Israele (e molti di questi “accademici”, come mostrano i sondaggi, non hanno idea di dove sia questo fiume, come si chiami, dove siano i confini…) – ora questo stesso pubblico mi chiede di “esprimere una posizione chiara sulla questione”.

Siete seri?! Davvero?!!
Io, lo sai, sono una scrittrice di professione. Per tutta la mia vita, da più di cinquant’anni, ho composto parole. I miei romanzi sono stati tradotti in 40 lingue, tra cui, tra l’altro, l’albanese, il turco, il cinese, l’esperanto… e tantissime altre. Ora, con immenso piacere, senza troppa scelta di espressioni, sinceramente e con tutta la forza della mia anima mando a fare in (…) tutti gli “intellettuali” senza cervello che sono interessati alla mia posizione. Anzi, molto presto vi ci ritroverete tutti senza di me. Dina Rubina”.
Ora, questi cortometraggi, dove mancano delle parti non di dettaglio, stanno girando l’Italia, dalle grandi città ai minuscoli paeselli. Ne esce una narrazione discutibile, con severe conseguenze per Israele e per gli ebrei.
Vi è il rischio che il pubblico si domandi perché non muoiano abbastanza ebrei?