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LA QUESTIONE EBRAICA XXXIV. L’eresia

LA QUESTIONE EBRAICA XXXIV. L’Eresia

 

Stiamo trattando, nel nostro commento al libro di Emanuele Calò La questione ebraica nella società postmoderna, della figura epocale di Karl Marx, e dell’enorme influenza esercitata dal suo pensiero sull’evoluzione del mondo moderno. Certamente nessun altro pensatore, di nessun’altra epoca e regione della terra, può vantare l’onore di vedere il proprio nome posto a fondamento non solo di importanti movimenti e partiti politici, di diffusissime ideologie, ma anche di interi stati, alcuni di enormi dimensioni, che a lui dicono di richiamarsi. Oggi un po’ meno di ieri, ma la diffusione del fenomeno resta comunque impressionante. Non sappiano se il Nostro ne sarebbe contento, probabilmente no, perché i risultati raggiunti sono assolutamente diversi dalle sue teorie (delle quali, tra l’altro, come già detto, la stragrande maggioranza dei cd. ‘marxisti’ di tutto il mondo non ha mai letto neanche un rigo).

Possono competere con la sua fama e influenza, certamente, soltanto gli iniziatori delle grandi religioni, quali Budda, Gesù, Maometto (non Mosè: l’aggettivo ‘mosaico’ è certamente molto meno diffuso di ‘marxista’). Ma anche Marx, senza dubbio, può essere considerato l’iniziatore di una religione, e anche a lui, come a tutti gli altri, è accaduto di vedere il proprio pensiero manipolato e stravolto dai suoi allievi, seguaci e interpreti. Anche la sua religione, come tutte le altre, ha, oltre al fondatore, i suoi testi sacri, gli apostoli, i predicatori, le chiese, ha avuto le sue persecuzioni, è stata persecutrice (feroce, spietata e implacabile, come tutte le altre), ha avuto e continua ad avere innumerevoli scismi, apostasie, eresie, scomuniche, sottili e complicatissimi dibattiti teologici (ricordo personalmente quando, ventunenne iscritto al PCI – ero lestamente saltato, molto “all’italiana”, sul carro del vincitore – partecipavo, in piccoli sottoscala  affollati e pieni di fumo, a estenuanti discussioni riguardo, per esempio, al fatto se “marxismo-leninismo” si dovesse scrivere col trattino o senza  [“marxismoleninismo”]: pare che la differenza fosse di straordinaria importanza). Anch’essa, come tutte le cose del mondo, ha avuto la sua nascita, la sua crescita e poi il suo declino, prima – come tutto – dell’estinzione totale.

Non sono esperto in materia, ma, a mio modesto avviso, la religione marxista è già morta e sepolta da tempo, anche se a molti fa comodo esibirne il cadavere imbalsamato. Perché, se il mastodontico pensiero del fondatore è stato estremamente ricco e intellettualmente complesso, la sua versione “mignon”, ridotta e banalizzata, ad uso delle masse ignoranti e dei loro capi, è di una semplicità e banalità assoluta, adattissima anche a un bambino di media intelligenza di dieci o dodici anni. E, proprio per questo, estremamente efficace. Fare una versione “mignon” per bambini della democrazia o del liberalismo è piuttosto difficile, perché la loro comprensione presuppone la conoscenza almeno di un po’ di storia. La versione a fumetti per bambini del marxismo è invece facile da realizzare, perché non serve conoscere la storia.

Comunque, è un dato di fatto che alla religione marxista hanno aderito, soprattutto fino alla metà del secolo scorso, moltissimi ebrei, che, ribellandosi all’insegnamento dei padri, hanno creduto con essa di dare compimento alla millenaria attesa messianica, senza aspettare più l’aiuto di un Dio che non esiste, ma creando l’età della giustizia e dell’“uomo nuovo” “qui e ora”, con la sola volontà dell’uomo, combattendo le altre forze malvagie che ad essa si opporrebbero. E, dato che l’influenza dell’escatologia messianica è evidentissima nel verbo del fondatore, non è un’esagerazione interpretare l’intero marxismo, con le sue infinite varianti, come una sorta di grande e violenta “eresia” ebraica. Un messianismo senza Messia, una liberazione senza Dio.

Quanto ai testi sacri della religione senza Dio, come abbiamo detto, essi, nella loro integrità, sono stati letti da un numero decisamente limitato di persone. C’è però un’opera giovanile del fondatore, una breve lettera scritta a Bruno Bauer nel 1943, che non rappresenta certo il fondamento primario del suo pensiero, ma che ha tuttavia avuto un’eco enorme. Un libello ripugnante, che appartiene di diritto al peggio del peggio della letteratura antisemita di tutti i tempi.

Ne parleremo nella prossima puntata.

Francesco Lucrezi, storico

 

(continua)