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Ebrei di profilo

Profili penali di certe forme di antisemitismo

L‘art. 604 bis c.p. punisce anche chi commette atti di discriminazione per motivi nazionali (oltre i motivi razziali, etnici o religiosi). Come già accennato, stante l’avvenuta commissione di atti discriminatori alla fiera dell’Oro di Vicenza, sarebbe da domandare ai penalisti se, nel caso che tali atti fossero destinati a colpire i partecipanti per via della loro cittadinanza israeliana, se possa trovare applicazione, nella fattispecie, tale norma.

Lo stesso è a dirsi se, in un liceo lombardo,  sia legittima l’esitazione a far prendere le parole ad una personalità di prestigio mondiale indiscusso, qualora l’eventuale esclusione fosse motivata sulla base della cittadinanza.  Potrebbe però essere dovuta, tale esclusione, alla volontà di mettere a tacere ogni opinione che non sia antisraeliana, nel qual caso, il confronto con le norme dovrebbe riguardare quelle che incombono in ambito scolastico e che riguardano la democrazia, la libertà e l’imparzialità. E lo stesso vale per la Fiera Oro di Vicenza, dove un’azione che abbia per obiettivo cittadini israeliani e non lo Stato, potrebbe costituire discriminazione secondo il codice penale italiano (ma darei la parola ai penalisti perché mi diano torto).

Sui convegni nelle scuole, ho interpellato qualche organizzazione che si occupa – a parole – della tutela della legalità, ma dalle risposte ho avuto modo di capire come, da noi, la vera fonte d’ispirazione riguarda l’indimenticato Ponzio Pilato.

Sennonché, non essendo questi tempi idonei a tergiversazioni, le ragioni d’ordine pubblico dovrebbero militare in favore dell’applicazione seria e rigorosa delle norme che puniscono la discriminazione per ragione della nazionalità, perché non è ammissibile che i cittadini israeliani siano trattati come appestati da fanatici che credono che il fine (la distruzione dello Stato ebraico) giustifichi il mezzo di discriminare, in aperta violazione dell’ordinamento positivo.

Non mi pare che vi siano precedenti – ma nemmeno degli studi – sulla discriminazione sulla base della nazionalità, ma visto che dei facinorosi violenti prendono talvolta di mira i cittadini israeliani, potrebbe essere opportuno che della citata norma si considerino tutte le parole, non esclusa quella riguardante la nazionalità (invero, la cittadinanza).

Amos Oz aveva posto su The New Yorker (Philip Gourevitch, An honest voice in Israel, 2 agosto 2014) un paio di quesiti:  “domanda 1: Cosa faresti se il tuo vicino dall’altra parte della strada si sedesse sul balcone, si mettesse il suo bambino in grembo e iniziasse a sparare con una mitragliatrice nella tua cameretta dei bambini? domanda 2: Cosa faresti se il tuo vicino dall’altra parte della strada scavasse un tunnel dalla sua cameretta alla tua per far saltare in aria la tua casa o per rapire la tua famiglia?”

Profili culturali

A quale situazione si fa capo? Alain Finkielkraut (Il Foglio, 15 gennaio 2014): “ Dopo il massacro del 7 Ottobre, sembra che l’antisemitismo sia la fase più alta del woke, che riduce senza pietà la complessità delle costellazioni umane al confronto tra governanti e governati, oppressori e oppressi. Questa ideologia colloca Israele nel campo degli oppressori. E arriva al punto che lo stato è completamente delegittimato. I collettivi studenteschi americani descrivono Israele come un’impresa coloniale dalle sue origini fino ai giorni nostri. Il diritto degli ebrei su questa terra è contestato. Da qui l’ascesa dello slogan “dal fiume al mare, la Palestina sarà libera”. Tuttavia, Finkielkraut una sciocchezza la infila: “Sono paragonabili agli studenti comunisti degli anni Sessanta e Settanta? Non è la stessa cosa. Il woke è la messa in discussione totale della cultura occidentale”. Così, benché si sia coetanei (quasi) dimostra di non sapere che Beethoven era stato bandito dalla rivoluzione culturale cinese, con tutto quel che ne conseguiva. Inoltre, il massacro del Guangxi, compiuto durante la rivoluzione culturale, non è uguale al 7 ottobre perché è mancato il cannibalismo, ma se qualche coraggioso volesse provvedere ai raffronti, i risultati sarebbero stimolanti.

L’indignazione contro Israele riguarda, secondo Georges Bensoussan (Il Foglio, 22 gennaio 2024) il fatto che nessuna guerra di Israele sia durata così a lungo, il che significa anzitutto che non si tratta di una guerra di devastazione indiscriminata, nel qual caso sarebbe bastata una settimana, ma di una guerra mirata con aerei, fanteria e mezzi corazzati israeliani che avanzano passo dopo passo per smantellare una gigantesca infrastruttura di tunnel che sboccano nel cuore di scuole e ospedali, ma anche di case più banali dove tutto è messo sotto chiave, fino al più modesto divano, per ritardare la distruzione di oltre 800 km di tunnel sepolti fino a 60 metri di profondità, una città sotto la città, cablata, elettrificata, dotata di un sistema di aria condizionata e rifornita di enormi riserve di armi e cibo. Una macchina da guerra costruita negli ultimi sedici anni con miliardi di dollari provenienti dal Qatar, dall’Unrwa (Onu) e dalle nostre imposte attraverso l’Unione europea.

Profili informativi

Nell’articolo di Bensoussan, si cita Amos Oz: “Tutti gli abitati ebraici che durante la guerra d’Indipendenza finirono in mani arabe furono cancellati dalla faccia della terra — tutti senza alcuna eccezione — e tutti i loro abitanti, dal primo all’ultimo, furono uccisi o messi in fuga o fatti prigionieri, ma a nessuno di loro gli eserciti arabi permisero di tornare a casa, dopo la guerra. Nei territori che conquistarono, gli arabi procedettero a una “pulizia etnica” ben più radicale di quella praticata dagli ebrei, nella stessa guerra: dai confini dello Stato d’Israele fuggirono o furono cacciati centinaia di migliaia di arabi, ma più di centomila rimasero dov’erano. Per contro, in Cisgiordania e nella striscia di Gaza sotto la Giordania e l’Egitto non rimase nessun ebreo. Nemmeno uno. I villaggi furono cancellati, sinagoghe e cimiteri vennero distrutti” (Una storia di amore e di tenebra, Feltrinelli, Milano, 2002, traduzione di Elena Loewenthal, p. 412).

Bastava leggere queste righe di Oz, così festeggiato, per domandarsi come mai gli italiani siano stati convinti che gli ebrei rubano la terra, e qui debbo ammettere che ha ragione il Presidente CEM Walker Meghnagi, quando dice “Vedo volti tv che non hanno capito nulla. Non dico siano antisemiti, ma il risultato è che si accusa Israele, e alla fine gli ebrei» e lamenta che la sinistra ci abbia lasciati soli. La Presidente UCEI, Noemi Di Segni, sembrerebbe decisamente della stessa idea. Sul Corriere della Sera si dice che Elly Schlein non dimostra amicizia per Israele e che in questo senso è sulla stessa lunghezza d’onda dell’elettorato PD; tuttavia, la maggior parte della dirigenza PD sarebbe con Israele. Come se ne esce?  Forse facendo eleggere il segretario PD dai suoi iscritti e non da esterni? Posso soltanto dire che il padre di Elly Schlein aveva dichiarato al Corriere del Ticino che dormiva in un kibbutz col mitra sotto il letto. Fosse stato per ciò che dice la figlia, lei quel mitra non glielo avrebbe mandato; e come si sarebbe difeso il Papà, con una fionda?