L’Associazione Giuristi Ebrei, nel far riferimento alla riforma della giustizia in Israele, ha menzionato il ricorso della giurisprudenza italiana al criterio della ragionevolezza, venuto meno con la cennata riforma.
Nel volume “Corte costituzionale Servizio Studi, Principi di proporzionalità e ragionevolezza nella giurisprudenza costituzionale, anche in rapporto alla giurisprudenza delle corti europee *** Quaderno predisposto in occasione dell’incontro trilaterale tra Corte costituzionale italiana, Tribunale costituzionale spagnolo e Corte costituzionale portoghese Roma, 25-26 ottobre 2013 troviamo:
-“la Corte è ben chiara nel rifiutare ogni possibilità di trasmodare, invadendo l’ambito delle scelte politiche, proprio del legislatore, in base al chiaro dettato dell’art. 28 della legge 11 marzo 1953, n. 87 : “ Il controllo di legittimità della Corte costituzionale su una legge o un atto avente forza di legge esclude ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato sull’uso del potere discrezionale del Parlamento”. Il confine, netto in teoria, appare, però, più labile e incerto in concreto. Si pensi alle situazioni in cui il sindacato di ragionevolezza si svolge facendo ricorso a concetti esterni all’ordine giuridico. Ciò accade quando il canone di ragionevolezza si configura come conformità dell’ordinamento ai valori di giustizia ed equità (sentenze n. 264 del 1994 e n. 388 del 1995); oppure si fonda sulla realtà fattuale o sulle conoscenze scientifiche, quali dati condizionanti in modo oggettivo ed incontrovertibile (sentenza n. 114 del 1998)” “Il problema della ineludibile soggettività del sindacato di ragionevolezza – canone ermeneutico connaturato al giudizio di legittimità costituzionale – riconduce ai lavori preparatori della Costituzione del 1948, nei quali si registrano non poche posizioni problematiche rispetto alla introduzione nell’ordinamento repubblicano del nuovo organo di garanzia, la Corte costituzionale, proprio in ragione del timore che il giudizio di costituzionalità potesse arbitrariamente sovrapporsi alle scelte del legislatore. Il giudizio di ragionevolezza nasconde sempre la possibilità dell’arbitrio e, d’altra parte, è illusoria l’idea di una giustizia costituzionale che sia in grado di produrre giudizi certi secondo una logica apodittica, in base ad operazioni logiche e tecniche di giudizio astratte”. (La ragionevolezza nella giurisprudenza costituzionale italiana, (a cura di Maria Fierro);
In dottrina leggiamo che “L’art. 3 si è rivelato la base costituzionale intorno alla quale si è articolata la parte essenziale della giurisprudenza della Corte relativa ai vizi di incostituzionalità quando la legge si riveli arbitraria o ingiusta per la sua natura discriminatoria. In questi casi la deviazione della legge da quelle che dovrebbero essere le sue finalità è sottoposta a valutazione per verificare il rispetto o meno di canoni variamente denominati: razionalità, ragionevolezza, proporzionalità, ma anche adeguatezza, coerenza, congruenza, non arbitrarietà, pertinenza e molti altri, quasi si trattasse di sinonimi. Scrutinio di ragionevolezza. In proposito si può ritenere utile distinguere il controllo della razionalità rispetto a quello di ragionevolezza. La verifica relativa alla violazione della razionalità riguarda propriamente il riscontro della coerenza interna della norma (204/1982). Occorre verificare che non vi sia contraddizione tra elementi di egual valore. Pertanto a situazioni che il legislatore considera equivalenti deve corrispondere legge eguale. A situazioni diverse leggi diverse. La ragionevolezza implica la presenza della congruenza della legge rispetto a valori superiori. Alla ragionevolezza si avvicina la proporzionalità. Il principio di proporzionalità è frequentemente richiamato nella giurisprudenza unitamente al principio di ragionevolezza o, talvolta, come sinonimo di esso; anzi, in qualche occasione la Corte ha esplicitamente affermato che il principio di proporzionalità rappresenta una diretta espressione del generale canone di ragionevolezza” (De Vergottini. Diritto costituzionale, Cedam, 2023).
In dottrina, leggiamo che “There are many attractive places in the doctrine in which such an empirically informed view of reasonableness could be adopted, now that the doctrine is shot through with constitutional reasonableness review. Without such a shift, there will be little that is reasonable about constitutional reasonableness. Even if this positive proposal for a shift in approach towards an empirically informed model does
not take hold, I hope the negative and critical aspects of this discussion may not only illuminate the multiple dimensions that reasonableness can operate under, but also how duplication and confusion across different aspects of constitutional law can make the job of a judge nearly impossible. The doctrine certainly defies the expectations of litigants and the public. I have also argued that the spread of constitutional reasonableness is understandable-if deplorable. The vagueness, flexibility, and malleability of reasonableness explains its ubiquity and utility. Today, however, without committing to any one usage, a judge or court can shift the meaning of entire constitutional standards, without seeming to change its reasonableness label. That shape-shifting ambiguity across multiple dimensions is the source of the power,
the attraction, and the danger of constitutional reasonableness” (Constitutional Reasonableness. Brandon L. Garret).
Nella giurisprudenza italiana, il ricorso alla ragionevolezza appare largamente ancillare: lo vogliamo considerare? In Israele, Evelyn Gordon ha criticato fortemente la Corte Suprema, e non penso sia né incapace né faziosa. In ogni caso, con rispetto parlando, non mi interessava più leggere le sue critiche ma le proposte che faceva, e ho letto che a suo parere “anche se l’attuale crisi alla fine si placa, il problema di fondo non scomparirà. Ad un certo punto, conservatori e liberali dovranno sedersi e negoziare un vero compromesso sulla riforma legale. Senza quel tipo di leadership, temo che questo problema continuerà a fare a pezzi Israele per i decenni a venire“. Sennonché, le soluzioni giuste e intelligenti sono vieppiù impopolari e la loro attuazione diventa non una proposta ma una chiacchiera di vecchietti che si danno convegno nella solita panchina del parco. Poiché nemmeno io sono giovane, direi che non possiamo difendere (rectius: rimpiangere) il criterio della ragionevolezza senza cercare anche noi di essere ragionevoli. Ma è paradossale che in una battaglia per la ragionevolezza non si sia arrivati ad un compromesso. Se non ne hanno tenuto conto loro, consideriamolo noi.