Vai al contenuto

Detenzione preventiva in Israele

Il regime giuridico della detenzione amministrativa in diritto israeliano, secondo qualche studioso italiano, sarebbe contraddistinto da: a) privazione di libertà attuata con garanzie procedurali ridottissime (assenza di pubblicità, prove che possono essere mantenute segrete, reiterazione della misura detentiva alla sua scadenza e b) un controllo giurisdizionale di carattere “successivo” estremamente limitato, in quanto i giudici sarebbero chiamati a controllare atti amministrativi discrezionali, con tutti i limiti di questo tipo di sindacato. Le leggi in questione sono:

  • Emergency Authorities (Detention) Law 1979, prevista anzitutto per l’uso interno, ed applicate ad individui che si trovano in territorio israeliano, i quali rappresentino una severa minaccia alla sicurezza dello Stato, ed è raramente usata;
  • Incarceration of Unlawful Combatants Law 2002, che regola l’internamento di stranieri anzitutto nel contest di un conflitto armato transfrontaliero che coinvolga un attore non statale (NSA). È stato usato soprattutto nel corso di operazioni militari che comprendevano manovre sul terreno delle forze di sicurezza israeliane in territorio nemico; Military Order Concerning Security Provisions (Consolidated Version) (no. 1651) 2009, applicabile nel regime di governo militare nella West Bank. Sul punto vedi Dvir Saar & Ben Wahlhaus, Preventive Detention for National Security Purposes in Israel, Journal of National Security Law & Policy, 9:413 2018, p. 414.
  1. Emergency Authorities (Detention) Law 1979

Consente allo Stato la detenzione per ragioni preventive di sicurezza nazionale, trasferendo tale potere dai militari alle autorità civili (Ministero della Difesa), prevedendo un sistema di salvaguardie e limiti. Il Diritto Internazionale Umanitario non vieta la detenzione amministrativa, purché siano rispettate determinate procedure. Vedi: Convenzione Internazionale sui diritti civili e politici (1966) Art. 9 1. Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza della propria persona. Nessuno può essere arbitrariamente arrestato o detenuto. Nessuno può essere privato della propria libertà, se non per i motivi e secondo la procedura previsti dalla legge. 2. Chiunque sia arrestato deve essere informato, al momento del suo arresto, dei motivi dell’arresto medesimo, e deve al più presto aver notizia di qualsiasi accusa contro di lui. 3. Chiunque sia arrestato o detenuto in base ad un’accusa di carattere penale deve essere tradotto al più presto dinanzi a un giudice o ad altra autorità competente per legge ad esercitare funzioni giudiziarie, e ha diritto ad essere giudicato entro un termine ragionevole, o rilasciato. La detenzione delle persone in attesa di giudizio non deve costituire la regola, ma il loro rilascio può essere subordinato a garanzie che assicurino la comparizione dell’accusato sia ai fini del giudizio, in ogni altra fase del processo, sia eventualmente, ai fini della esecuzione della sentenza. 4. Chiunque sia privato della propria libertà per arresto o detenzione ha diritto a ricorrere ad un tribunale, affinché questo possa decidere senza indugio sulla legalità della sua detenzione e, nel caso questa risulti illegale, possa ordinare il suo rilascio. 5. Chiunque sia stato vittima di arresto o detenzione illegali ha diritto a un indennizzo

La detenzione non deve eccedere i sei mesi, ma può essere prorogata per un altro semestre, ed è assoggettata ad un’autorizzazione parlamentare che dichiari l’emergenza. La detenzione può essere ordinata qualora vi siano motivi ragionevoli per considerare che ricorrano ragioni di sicurezza dello Stato o di pubblica sicurezza, e tali motivi sono stati interpretati in modo restrittivo dalla Corte Suprema, che richiede che vi sia una minaccia individuale.

Nel CFH 7048/97 Lebanese Detainees Case, 54(1) PD at 731 l’opinione maggioritaria, emanate dal Chief Justice Barak, ordinò la scarcerazione di detenuti libanesi, fermati per uno scambio di prigionieri, in quanto non rappresentavano una minaccia individuale. La giurisprudenza considera che la detenzione amministrativa sia una misura cui ricorrere soltanto se non siano esperibili i rimedi giudiziari ordinari. Il sistema è soggetto a Judicial Review, e si applica il principio di proporzionalità.

La Corte può disapplicare le regole ordinarie sulla prova con decisione motivata se ciò portasse a scoprire la verità e ad assicurare la giustizia. È previsto che alcune prove non siano rivelate al detenuto se ciò serve ad assicurare che non siano identificate le fonti per timore di rappresaglie. La Corte, per scongiurare abusi, ha il potere d’accedere anche a documentazione segreta (classified). A questo modello di controllo giudiziale della Suprema Corte è stata data la denominazione di “judicial management”; vedi Daphne Barak-Erez & Matthew C. Waxman, Secret Evidence and the Due Process of Terrorist Detentions, 48 COLUM. J. TRANSNAT’L L. 3, 43-44 n. 174 (2009).  Nei casi di terrorismo, la Suprema Corte ha fatto un’eccezione al sistema adversarial (accusatorio) israeliano, decidendo per l’ “attivismo” e “intervenzionismo” propri del sistema “inquisitorial” (inquisitorio); vedi Dvir Saar & Ben Wahlhaus, Preventive Detention for National Security Purposes…,  p. 429. Il Sistema accusatorio (adversarial) è proprio dei sistemi di common law, mentre quello inquisitorio (inquisitorial) appartiene prevalentemente ai sistemi di civil law. Nel Sistema accusatorio, accusa e difesa ‘competono’ mentre il giudice vigila sul rispetto dei diritti dell’imputato e delle regole procedurali. Nel sistema inquisitorio, vi sono interrogatori ed un’estesa investigazione preliminare al processo, allo scopo di evitare di portare a processo un innocente; si tratterebbe di un’istruttoria ufficiale intesa ad accertare la verità.

  1. The Incarceration of Unlawful Combatants Law -UCL (2002)

L’UCL costituisce uno strumento legale per la detenzione preventiva nei conflitti armati transfrontalieri che coinvolgano attori non statuali, nel contesto giuridico del diritto internazionale dei conflitti armati (LOAC).

Trattasi di soggetti non aventi titolo allo status di prigionieri di Guerra, conformemente agli obblighi posti dal diritto internazionale umanitario.

Quando il Capo di Stato Maggiore abbia fondate ragioni per considerare che una persona detenuta dalle autorità dello Stato sia un combattente illegale, e che il suo rilascio danneggia la sicurezza dello Stato, potrà ordinare la sua carcerazione, motivandone le ragioni. L’ordine di carcerazione sarà notificato al più presto al prigioniero il quale potrà deporre nei riguardi dell’ordine ad un ufficiale di rango non minore di un sottotenente colonnello designato dal Capo di Stato Maggiore, il quale potrà deciderne la scarcerazione.

Il prigioniero sarà portato dinanzi al magistrato non oltre i quattordici giorni; altrimenti verrà rilasciato a meno che esistano ulteriori accuse.

Ogni sei mesi dalla data dell’Ordine, il prigioniero sarà portato dinanzi un giudice della Corte distrettuale; se la Corte riterrà che il suo rilascio non danneggia la sicurezza dello Stato, oppure che vi siano specifiche basi per il rilascio, l’Ordine verrà annullato. Le decisioni della Corte distrettuale sono appellabili entro trenta giorni alla Suprema Corte.

  1. Military Order concerning Security Provisions – OSP (2009)

Riguarda la detenzione amministrativa nella West Bank ed è assoggettata ai Tribunali militari, i quali seguono la giurisprudenza della Suprema Corte. Un membro delle forze di polizia che abbia basi ragionevoli per credere che sia stata violate la legge, oppure che sia a conoscenza che dalle prove raccolte occorra continuare con la detenzione, è autorizzato ad emettere un ordine d’arresto per non oltre otto giorni. Il giudice autorizzato ad emettere un ordine d’arresto e ad estendere la durata della detenzione, per non oltre trenta giorni per volta, ed il totale non potrà eccedere i novanta giorni.

Conclusioni

Si è asserito che Australia e Israele configurino dei casi a sé, perché ambedue impiegano una versione della detenzione per ragioni di sicurezza nazionale. Sarebbero dei casi particolari in cui si ricorre ad una versione della detenzione per ragioni di sicurezza estremamente privativa dei diritti ma che al contempo incorpora molte delle protezioni procedurali disponibili negli Stati dove vi è la detenzione preventiva. Per questa ragione, Australia e Israele avrebbero un sistema “misto”, una sottospecie nel quadro della sicurezza nazionale; l’Italia sarebbe fra gli Stati che emergono in seno alcontesto della detenzione preventiva (vedi: Stella Burch Elias, Rethinking ‘Preventive Detention’ from a Comparative Perspective: Three Frameworks for Detaining Terrorist Suspects (May 18, 2009). Columbia Human Rights Law Review, Vol. 41, 2009, p. 131).   Israele sarebbe, quindi, fra gli Stati  in cui il potere di porre in essere la detenzione preventiva è sottoposto a controllo giudiziale.

Si è anche asserito che Israele ha il sistema processuale più trasparente fra tutti i sistemi nazionali di detenzione per ragioni di sicurezza. In Israele, un giudice dell’Alta Corte (sic) conduce l’udienza, il detenuto ha il diritto di essere presente, l’avvocato del detenuto ha diritto d’intervenire e lo stesso detenuto ha diritto di parola nei riguardi delle condizioni della sua detenzione.

Ancora, si sostiene che il modello israeliano di un’attiva Corte di Giustizia potrebbe essere il miglior esempio di  “judicial review” (controllo giudiziale) nel corso dei conflitti armati. Mentre si dibatte in Israele se la Corte  “interferisca”  o “intervenga” , attualmente i comandanti dell’IDF debbono fare i conti col fatto che la Corte può emanare un ordine giudiziale in tempo reale nei riguardi di una decisione operativa del comando; così, Amos N. Guiora, Counter-Terrorism and the Rule of Law (July 2005). Case Legal Studies Research Paper No. 05-15, Istanbul Conference on Democracy and Global Security 2005, p.8.

Sia gli USA che Israele si sono comportati molto meglio di altri Paesi nel fronteggiare il terrorismo e la guerriglia urbana” – sostiene Alan Dershowitz; “I paragoni con la Francia in Algeria e la Russia in Cecenia favoriscono gli USA e Israele. Non intendo dire che da due torti si formi un atto giusto, Sia Israele che gli Usa sono stati aspramente criticati quando hanno torto. Il punto è che (non è condivisibile) la volontà della comunità internazionale di alzare il dito contro Israele come unica oppure prevalente violatrice dei diritti umani, quando un’obiettiva comparazione dimostra che malgrado le sue colpe, il suo comportamento complessivo è fra i migliori del mondo, forse il migliore, tenendo conto delle circostanze”( Alan Dershowitz, The Case for Israel, John Wiley & Sons, Inc., Hoboken, New Jersey, 2003, p. 152).

.Emanuele Calò

© riproduzione riservata