Nei riguardi degli incidenti fra le truppe Unifil di stanza nel Libano e l’esercito israeliano, si è espresso il ministro della Difesa Guido Crosetto, e quindi noi stiamo a quanto da lui asserito, critiche d’Israele comprese, perché in quanto italiani, è lui il nostro ministro. Sul Messaggero dell’11 ottobre 2024 Sara Miglionico scrive che «l’interposizione dei caschi blu dell’Onu si presenta, agli occhi dell’esercito israeliano, come uno scudo protettivo non solo per i civili ma per i guerriglieri sciiti filo -iraniani che all’ombra di quelle basi internazionali cercano riparo».
Nell’articolo in questione, la giornalista intervista Stefano Stefanini, già rappresentante d’Italia presso la Nato e consigliere diplomatico dell’ex presidente Giorgio Napolitano, il quale dice che “in teoria i militari Unifil avrebbero dovuto garantire in questi anni, sulla base della Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza Onu, che Hezbollah non militarizzasse, come ha fatto, la fascia del Libano meridionale a ridosso della linea Blu. Ma proprio da quelle postazioni sono partiti razzi contro il nord di Israele”. Stefanini parla di «impotenza» delle truppe ONU, e si domanda, letteralmente, cosa ci stiano a fare nel Libano del Sud. Infine, nell’articolo si segnala che Hezbollah, al pari di Hamas a Gaza, cerca rifugio presso strutture civili come scuole e moschee nonché presso insediamenti protetti dall’Onu, come l’Unifil in Libano. Non possiamo che concordare col ministro Crosetto sulla necessità che l’Unifil, truppe italiane comprese, rimanga nel Libano. A questo punto, e tenuto conto della gravità degli avvenimenti, dovremmo attuare le Risoluzioni 1559/2004 e 1701/2006 adottate dal Consiglio di Sicurezza Onu, che impongono, fra l’altro, di disarmare Hezbollah. Altrimenti, l’Unifil, anziché garantire la pace, finirebbe per aiutare Hezbollah, senza volerlo. Ricordiamo che Hezbollah nel 1992 fece saltare per aria l’ambasciata d’Israele a Buenos Aires e che nel 1994 fece altrettanto con la Asociación Mutual Israelita Argentina. Non è paragonabile a un esercito, quindi, è una milizia, con tanti amici. Non è un caso che, se le azioni di Israele in Libano hanno scatenato delle proteste molto particolari, oltre che esacerbate, in buona parte del mondo arabo sono state accolte con favore, perché il terrorismo è per loro un problema. Sarà un dettaglio, ma pensando alle due risoluzioni sopra menzionate, sorprende che il pubblico ricordi l'Onu soltanto quando condanna Israele e non quando gli dà ragione; ma qui c’è una particolarità, che viene spesso elisa dall’opinione pubblica: queste sono risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, che sono vincolanti, mentre quelle sempre citate, a riprova che lo Stato ebraico sarebbe organicamente reprobo, sono dell’Assemblea Generale, e non sono vincolanti. Infine, per giustificare l’Unifil si adduce, da ultimo, che le citate risoluzioni Onu la renderebbero sostanzialmente inutile, ma se così fosse, si tratterebbe di una tragica farsa, della quale bisognerebbe trarre le conseguenze necessarie. Leggiamo su Il Dubbio dell’11 ottobre scorso, le dichiarazioni del ministro Crosetto: “È un anno e mezzo che io chiedo il cambio delle regole d’ingaggio, è un anno e mezzo che io dico che se non le cambiamo e se non cambiamo la situazione e non applichiamo la 1701 prima o poi arriverà qualcun altro”. Ora, se la risoluzione 1701 non è stata mai applicata in ben 18 anni, qual è la funzione rimasta ad Unifil? Il ministro, noto per la sua capacità, fa bene ad informare che egli fa ciò che gli altri ministri non hanno fatto in 16 anni ma, a questo punto, alla luce del suo autorevole intervento, da profani siamo portati a concludere che senza l’attuazione della 1701, l’Unifil anziché agevolare la pace contribuisce a creare una situazione tra Kafka e Ionesco. Crosetto, che è una persona non banale, e che si è sempre fatto apprezzare, capirà bene le ragioni di questa asserzione, che ci ripromettiamo di sviluppare. Se l’Unifil portasse a compimento il suo mandato, applicando la 1701, cosa che finora non ha fatto, tutto il conflitto mediorientale finirebbe immediatamente, e quindi non possiamo che plaudire all’iniziativa del ministro: resti Unifil al suo posto e agisca subito, perché così otterrebbe un duplice obiettivo. Instaurerebbe la pace in tutta l’area e impedirebbe che Israele sia distrutta dai missili di Hezbollah che, nella sola giornata del 12 ottobre sono stati 320. Macron gradirebbe 320 missili al giorno su Parigi, Starmer gradirebbe 320 missili al giorno su Londra, noi gradiremmo 320 missili al giorno su Roma? Se l’Unifil assolverà, subito, a tutti i compiti per i quali è di stanza nel Libano dal 2006, il prossimo Nobel per la Pace avrà già il suo nome sulla targhetta. I pacifisti dovrebbero subito chiedere l’attuazione di quelle risoluzioni, altrimenti si potrebbe pensare che il loro attivismo sia a senso unico. Finché non lo fa, Israele rischia la distruzione. Il segretario generale Onu Antonio Guterres adombra la possibilità che Israele sia responsabile di crimini di guerra, ma forse uno sguardo ai princìpi generali del diritto penale (Guterres è ingegnere, non è un giurista) potrebbe forse rinfrescargli le idee. Questo è il punto che andrebbe aggiunto alla vulgata corrente; nelle informazioni sul conflitto, manca sempre qualcosa, e il caso vuole che quel qualcosa si volga, come dice giustamente la presidente UCEI Noemi Di Segni, verso la demonizzazione di Israele.
(Pubblicato su Moked / Pagine Ebraiche, il 15 ottobre 2024)