Appunti sul Giorno della Memoria
Il 27 dello scorso mese sono stato mandato (forse, meglio, scaraventato) da Francesco Lucrezi ad Aversa, in provincia di Napoli, per dire “due parole” a nome del nostro Osservatorio Enzo Sereni ad una manifestazione organizzata dalla Caritas diocesana unitamente ad una corposa rete di associazioni del luogo che si occupano di iniziative di carattere solidaristico. Partecipavano alla manifestazione folte rappresentanze delle scuole aversane di ogni ordine e grado, nonché il Vescovo di Aversa e alcune personalità dell’Amministrazione comunale. E’ stata una bella manifestazione sia per la folta partecipazione, sia per gl’interventi molto puntuali che si sono avuti anche da parte degli studenti. Sono iniziative per noi molto importanti per il fatto che presuppongono una fase d‘informazione e formazione degli studenti sul tema.
La sera precedente mi sono preparato una scaletta di cose da dire in breve tempo. Ho iniziato con una rapido excursus della storia degli ebrei in Italia, a partire dalla più antica Comunità, quella romana; ho poi ricordato il contributo degli ebrei alla vita sociale nazionale; al Risorgimento e la convinta partecipazione alla prima Guerra Mondiale. Infine, il “tradimento” delle leggi razziali. Fin qui, la solita scaletta.
La mia vera difficoltà è di parlare della Shoah non solo, come diceva Primo Levi, perché non si riesce a comprenderla, anche se è necessario conoscerla; ma, soprattutto per il senso di orrore che mi ha accompagnato per lungo tempo e per il tentativo, non riuscito, di rimuoverla dalla mia mente. Ho poi pensato alla preoccupazione espressa da Liliana Segre sul fatto che con la morte degli ultimi sopravvissuti dai campi di concentramento si corre il rischio che la “Memoria” sia pian piano dimenticata. Non sono in grado di dare a questa preoccupazione una risposta.
Mi è, però, venuto quasi spontaneo rileggere alcuni brani di quel voluminoso libro di Leon Wieseltier sul Kaddisch, la preghiera per i morti che non è una preghiera di dolore, ma di speranza, la quale così conclude:
“Possa una grande pace dal cielo
E una buona vita
Scendere su di noi e su tutto Israele
E dite tutti Amen!
Possa colui che stabilisce la pace nei suoi luoghi eccelsi
stabilire la pace su di noi e su tutto Israele
E dite tutti Amen!”
Questa preghiera si recita tre volte al giorno per 12 mesi. A partire dal dodicesimo mese occorre aggiungere al ricordo di chi non c’è più le parole “che la sua memoria sia benedizione per la vita nel mondo a venire”. I Maestri Rabbini, scrive Wieseltier, discutono molto sulla giusta interpretazione del Kaddish e su questo non sono in grado di prendere partito ed esprimo solo una modesta opinione.
Mi è sembrato, allora, di cogliere nel Giorno della Memoria questa benedizione: sei milioni di ebrei non sono morti invano! La benedizione sta nell’insegnamento che ci hanno dato di non oltraggiare la vita e di rispettare i sentimenti profondi della persona.
Se questo è vero, la nascita dello Stato di Israele ne è un risvolto “per la pace e la buona vita” della nazione ebraica come recita il Kaddish, aggiungerei, poi, di tutti gli uomini.
Credo questo sia per noi il senso forte della difesa dello Stato di Israele, a volte da alcuni oscurato dall’innamoramento delle architetture kelseniane o da un provincialismo di stampo weimariano, i cui danni sono ben noti!
Paolo Pollice, giurista